(Foto da www.visitcostasmeralda.it )
La notizia dell’investimento in Sardegna di un miliardo di euro dell’emiro del Qatar Al Thani ha creato grande entusiasmo nel Governatore Cappellacci (“Verso un turismo sostenibile”) e una moderata apertura nei politici di centrosinistra che per ora decidono di adottare il basso profilo.
Gli interventi riguardano in particolare il Nord Sardegna “Quattro nuovi alberghi tra Olbia e Arzachena, tre parchi attrezzati, ristrutturazione e completamento degli hotel 5 stelle della Costa Smeralda, ampliamento dell’aeroporto Costa Smeralda”.
Cappellacci parla di una stagione allungata, di turismo congressuale, di turismo di lusso ma non solo, di ricadute sul territorio e sulla filiera di produzione di tutto ciò che è necessario per questa operazione.
Dunque.
I soldi non puzzano, si sa. E in un momento di grave crisi dove un terzo dei sardi sono sotto la soglia di povertà rifiutare offerte così importanti senza quantomeno essere coscienti di quello che si sta rifiutando sarebbe quantomeno stupido.
Non discuto sulle infrastrutture e i metri cubi da realizzare per rendere l’operazione economicamente sostenibile ma sul metodo.
La Sardegna non ha una sua strategia turistica se non quella anarchica di Comuni, Enti e territori che si inventano modi estemporanei e non organizzati per attirare turisti.
L’impressione è quella di un mercato del pesce dove nel chiasso e nel caos si tenta di attirare i turisti urlando e decantando il prodotto e ribassando il prezzo.
La Regione in questo è spettatore, senza nessuna attività di coordinamento o di ispirazione o quantomeno di ruolo guida con una visione di turismo calata nella nostra realtà.
Non parlo del modello Soru, per capirci, per quanto abbia fatto un lodevole tentativo di mettere ordine a un caos totale riuscnedo purtroppo a farlo diventare solo un caos organizzato.
In un mondo in cui la realtà è di comunità collaborative, open e condivise continuare a pensare che chi decida sia solo un ruolo apicale e poveri soggetti “inferiori” debbano accettano e mettere in pratica le leggi e le strategie imposte è fuori da ogni logica.
Lo stesso si può dire per un sistema anarchico dove ognuno pensa e realizza ciò che ritiene meglio per la sua visione locale e per il gretto ritorno economico immediato.
La Regione dovrebbe realizzare invece una piattaforma a disposizione dei comuni dove, secondo una struttura ben definita di base dati e di fruibilità degli stessi anche secondo una forma grafica riconoscibile, ogni Comune possa aggiornare i dati del proprio territorio e ne sia responsabile per la veridicità e l’aggiornamento.
La piattaforma tecnologica e il personale per la formazione sarà fornito dalla Regione nella fase di avviamento e affincamento al personale individuato dalle realtà locali per poi diventare strutturato.
Avere una banca dati aggiornata da chi conosce e vive i dati permette di proporre il territorio in maniera sicura e certa e permette alla regione di poter trattare i dati in maniera totale ad esempio con un portale di marketing e prenotazione.
La creazione di un ufficio del turismo regionale forse non ha senso se non nel tradizionale ruolo di marketing: l’accoglienza e le informazioni vanno dirottate ai comuni o ai consorzi di comuni cosicché l’informazione sia data da chi la conosce bene.
Ecco, sentire che un investimento straniero importante arrivi in un momento in cui l’impostazione turistica della Regione è lasciata al caso o alla buona volontà dei Comuni lo trovo pericoloso.
I soldi non mi spaventano, neanche i metri cubi, tanto meno gli stranieri: mi spaventa farmi imporre un modello che non conosce la realtà di una terra che ha perpetuato la sua tradizione e cultura da quattromila anni.
La creazione di un modello è prioritaria rispetto ai soldi. Avere i soldi senza saperli spendere bene non serve a nulla.
La politica industriale sarda ci dovrebbe insegnare qualcosa.
E per rendere i soldi profumati di Sardegna ci vuole poco, credetemi.
Solo idee buone e un pizzico di buona volontà politica.
Reblogged this on Il blog di Fabio Argiolas.